Infrastrutture e reti, sensoristica, elaborazione e valorizzazione dei big data del territorio, applicazioni e servizi: sono questi i quattro strati della smart city, quattro livelli di sviluppo che ne definiscono il grado di “intelligenza”, intesa come ottimizzazione e innovazione dei servizi pubblici. E queste anche le materie su cui Ernst & Young interroga i comuni italiani per testare la loro attitudine allo smartness nel suo Smart City Index.
Il rapporto, presentato oggi a Roma, analizza il grado di innovazione attraverso un censimento delle 116 città capoluogo di provincia, utilizzando una batteria di oltre 450 indicatori. I risultati di questa indagine capillare? Buoni per le città metropolitane del Centro-Nord, meno per i piccoli comuni e le città del Sud.
Bologna, Milano e Torino occupano saldamente il podio, con punteggi eccellenti in tutti e quattro gli “strati”. Rispetto alle scorse edizioni peggiora la situazione di Roma, che si posiziona al nono posto del ranking, seguita da Firenze e Genova. In questo panorama il Mezzogiorno mostra un ritardo strutturale: è solo al 32esimo posto che s’incontra la prima metropoli, Napoli, e al 52° la prima città di medie dimensioni, Lecce. La maglia nera resta in Sicilia con i principali capoluoghi che, come nel 2014, si attestano in fondo della classifica.
Le città medie continuano nel loro trend di crescita: si trovano nei posti di rincalzo del ranking, con oltre 23 città tra il 4° ed il 39° posto. Parma sorpassa Trento e nel 2016 diventa la città media più alta nel ranking (5°posto), grazie ad un buon posizionamento negli strati Delivery Platform e Applicazioni e servizi. Comprensibilmente, meno bene va ai piccoli centri: nonostante l’exploit di Mantova, che si posiziona al 4° posto del ranking, nel complesso il posizionamento delle città piccole peggiora rispetto gli scorsi anni. Sono solo 7 le città piccole (Mantova, Lodi, Cremona, Pavia, Sondrio, Siena e Aosta) che ottengono la prima fascia del ranking, e di queste ben cinque sono lombarde.
Il ranking 2016 conferma inoltre l’esistenza di una correlazione tra smartness e qualità della vita, mettendo in evidenza due particolari cluster di città: le città del «benessere analogico», cioè ad alta vivibilità ma con bassa diffusione di innovazioni (come Fermo, Lanusei, Tempio Pausania e Olbia) e le città del «riscatto Smart», ossia che, pur partendo da una qualità della vita più bassa, riescono a trovare nel modello smart city un’occasione di innovazione (Napoli, Bari e Lecce).
Fonte http://www.rinnovabili.it/smart-city/smart-city-index-bologna-milano-torino-666/
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