175 Paesi hanno davvero firmato l'Accordo di Parigi sul clima il 22 aprile 2016, Giornata mondiale della Terra. E ben 15 lo hanno ratificato. Stracciati tutti i record precedenti - di tutti i trattati, quello sul clima risulta essere il più urgente, importante e apprezzato col consenso internazionale.
"Oggi qui dentro battiamo un record, ma là fuori la natura ne sta battendo altri" cosi Ban-ki Moon contempera la soddisfazione di presiedere le Nazioni Unite mai cosi capaci di unire il mondo su una firma ad un trattato internazionale con l'allarme per incrementi di temperature che producono siccità e pericoli immediati.
Molti Paesi hanno inoltre annunciato che intendono depositare i loro strumenti di ratificazione dell'Accordo di Parigi subito dopo la firma. Dopo la cerimonia del 22, altri due Stati hanno firmato, portando il totale a 177 (compresa l'Unione Europea). Secondo la Casa Bianca: "Almeno 34 paesi che rappresentano il 49% delle emissioni globali di gas climalteranti ha ratificato o dichiarato che ratificherà entro il 2016". Si è messo in moto un meccanismo che potrebbe portare alla rapida entrata in vigore, ben prima di quel 2020 di cui ancora molti parlano.
Ma l'Italia firma l'Accordo di Parigi uscito dalla COP21 di dicembre 2015? E quando lo ratificherà e come? Dopo che informalmente, il governo aveva manifestato l'intenzione di firmare, come risulta dalla lista provvisoria dei Paesi, in allegato qui, effettivamente l'Italia è firmataria fin da subito dell'Accordo. Matteo Renzi ha fatto un discorso semplice e chiaro, nel quale ha voluto rimarcare l'importanza della vision a superamento della division, aggiungendo "chiudiamo gli occhi e sentiamoci in compagnia dei nostri figli e dei nostri nipoti".
Accompagnato proprio dalla sua nipotina John Kerry ha ricordato il lungo percorso fatto quando da giovane attivista anti-war di ritorno dal Vietnam si batteva per l'ambiente e da giovane senatore nel 1992 partecipava alla conferenza di Rio, fondativa dell'UNFCCC. Ha salutato la mobilitazione ambientalista e proclamato che "tutto sembra impossibile finché non viene fatto". L'Accordo è un segnale inequivocabile a governi, imprese e finanziatori, che devono lasciar perdere le fonti fossili per puntare su quelle rinnovabili - ed affrontare la dura realtà dell'adattamento ai cambiamenti climatici, tema assente dallo intervento di Renzi, nonostante proprio il suo governo abbia varato finalmente una Strategia nazionale sull'adattamento.
Kerry, dopo aver ribadito che gli USA ratificheranno questo anno ha invitato tutti a fare lo stesso. Ce la farà il Parlamento italiano? Intanto Šefcovic, il vice di Juncker, garantisce che l'UE sarà nell'ondata di chi ratifica per primo. La paura di essere esclusi dalla prima COP ha fatto i suoi effetti. E pure la Russia, che fino alla giornata di ieri non intendeva firmare si è precipitata, vedendo svanire il ruolo chiave giocato al tempo dell'entrata in vigore del Protocollo di Kyoto. E quale ruolo per la società civile? L'ONU ha già qualche proposta per l'oggi e per il domani.
La ratifica dell'Accordo di Parigi
A valle delle firma del premier, che impegna dinanzi al mondo ad iniziare la procedura domestica di ratificazione, sarebbe quanto mai opportuna la sottoscrizione dell'Accordo di Parigi da parte del Parlamento italiano, dopo e grazie ad una effettiva discussione sui suoi meriti e limiti. Infatti si passa dal "dovere" iscritto in un annesso al Protocollo di Kyoto al "volere" da esprimersi secondo dettagliati e complessivi Contributi determinati a livello nazionale.
L'appartenenza all'Unione Europea non dovrebbe esimerci dall'identificare specifici segmenti industriali da esaltare e di prendere posizioni specifiche riguardo a questioni che nel nostro Paese potrebbero essere più importanti che altrove (edilizia sostenibile, manifattura basata sulle eco-innovazioni, turismo sostenibile, culture locali, valorizzazione del nesso clima-biodiversità-produzioni biologiche, mobilità elettrica, energie rinnovabili come fotovoltaico e mini-eolico, ecc.). Altri Paesi hanno già ratificato e la Francia intende farlo fin dall'estate 2016.
E occorre risponde anche all’appello lanciato da 270 leader religiosi – “uniti per sollecitare tutti i capi di Stato a firmare e ratificare tempestivamente l'accordo di Parigi” - e consegnato al presidente dell’assemblea generale delle Nazioni Unite.
“La cura per la Terra è una nostra comune responsabilità”, con queste parole si apre il documento che porta la firma, tra gli altri, di mons. Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, del rabbino capo Shear Yashuv Cohen, dell’imam Maulana Syed Muhammad Abdul Khabir Azad, dell’arcivescovo anglicano sudafricano Desmond Tutu e del segretario generale del Consiglio Mondiale delle Chiese (Wcc), Olav Fykse Tveit.
In esso i rappresentanti religiosi ricordano che “ognuno di noi ha una responsabilità morale di agire, come così efficacemente affermato da Papa Francesco nell’Enciclica “Laudato si’” e nelle dichiarazioni sui cambiamenti climatici da buddisti, cristiani, indù, ebrei, musulmani, sikh, e altri leader religiosi”. Il pianeta infatti, si ricorda, “ha già superato i livelli di sicurezza per i gas serra. E a meno che questi livelli non vengano rapidamente ridotti, si rischia di creare impatti irreversibili per centinaia di milioni di vite”.
Fonte sito http://www.accordodiparigi.it/
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