Con decreto del Consiglio dei Ministri pubblicato sulla Gazzetta ufficiale di ieri, il governo ha individuato la capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale, così come ha determinato il fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero (termovalorizzazione).
Il decreto determina la capacità attuale di trattamento nazionale degli inceneritori di rifiuti urbani e assimilati in esercizio al mese di novembre 2015. Dunque elenca, regione per regione, il numero degli impianti esistenti e per ciascuno la capacità di trattamento autorizzata e quella relativa al trattamento dei rifiuti urbani e assimilati (Tabella A).
Gli inceneritori in esercizio in Italia sono 40: la capacità nazionale complessiva di trattamento di questi impianti in esercizio al mese di novembre 2015 è pari a 79 2.893,77 (MW) sulla base di 5.910.099 (t/anno).
Il decreto, inoltre determina la capacità potenziale di trattamento nazionale, riferita agli inceneritori di rifiuti urbani (e assimilati) autorizzati e non in esercizio al mese di novembre 2015 (Tabella B). Elenca gli inceneritori autorizzati non in esercizio e per ciascuno di essi individua la capacità potenziale di trattamento e della localizzazione su base regionale. Tali impianti sono 5: 2 si trovano in Lazio, uno in Calabria, uno in Puglia e uno in Toscana, l’impianto di Sesto Fiorentino.
Per finire indica, per macroaree e per regioni, gli inceneritori con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati (i termovalorizzatori) da realizzare o da potenziare per coprire il fabbisogno residuo nazionale di trattamento dei medesimi rifiuti (Tabella C). Secondo il legislatore gli impianti di incenerimento da realizzare sarebbero 8: 3 in centro Italia, 2 al Sud, uno in Sardegna e 2 in Sicilia, mentre al Nord non se ne vede il bisogno. Il fabbisogno impiantistico da realizzare sarebbe pari a 1.831.000 (t/anno).
Al fine di individuare tali impianti sono stati seguiti una serie di criteri: il progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale; la risoluzione delle procedure di infrazione in corso, e prevenzione dall’avvio di ulteriori contenziosi con l’Unione europea; considerazione della programmazione regionale; la realizzazione di un sistema moderno e integrato di gestione dei rifiuti urbani e assimilati.
Non a caso l’individuazione delle regioni all’interno delle quali localizzare gli impianti è effettuata sul presupposto che ciascuna macroarea (Nord, Centro, Sud, Sicilia, Sardegna) debba rendersi tendenzialmente autosufficiente nel complessivo ciclo di produzione e gestione dei rifiuti, compresa, naturalmente, l’attività di incenerimento dei rifiuti stessi.
Sulla base di tale presupposto la localizzazione degli impianti in ciascuna delle regioni tiene conto della produzione, in termini assoluti, dei rifiuti urbani e assimilati; della presenza di impianti di incenerimento e di impianti di trattamento meccanico-biologico di rifiuti; del fabbisogno residuo di impianti di incenerimento; del preponderante ricorso allo smaltimento dei rifiuti urbani e assimilati in impianti di discarica; della densità abitativa.
Anche le procedure di infrazione in corso vengono considerate. Si considerano poi le condizioni di gestione critica del ciclo dei rifiuti all’interno delle singole regioni costituenti la macroarea, al fine di porre rimedio a situazioni suscettibili di sfociare in nuovi rilievi da parte dell’Ue.
In ordine al rispetto della programmazione regionale per l’implementazione di un ciclo integrato dei rifiuti, si tiene conto delle previsioni contenute negli atti di pianificazione di gestione dei rifiuti elaborati da ciascuna regione, anche relativamente all’individuazione di nuova capacità di incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati.
Per quanto riguarda la realizzazione di un sistema moderno e integrato di gestione dei rifiuti urbani e assimilati, si considera la così detta «taglia minima» di sostenibilità tecnico/ economica degli impianti da realizzare in ciascuna regione così come definite dalle «linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, in materia di gestione dei rifiuti» del 2007.
Un piano dettagliato, dunque, ma che sembra peccare di uno tra i più classici difetti per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti: l’analisi che, alla prova dei fatti, rimane per compartimenti stagni. Al contrario, non a caso si parla di corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti, dove gli inceneritori (con recupero energetico, dunque termovalorizzatori) rappresentano un tassello imprescindibile ma superato in gerarchia dal recupero di materia (il riciclo) e la riduzione nella produzione dei rifiuti. Approcci per i quali servirebbe una politica industriale dedicata e integrata, e invece assente – mentre al contrario la termovalorizzazione continua a godere di cospicui incentivi pubblici.
di Eleonora Santucci e Luca Aterini
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