Tra Enciclica e Accordo di Parigi: addio ai fossili, benvenuta resilienza

Se nel suo precedente “Dipende da Te, 101 cose da fare per salvare il pianeta e vivere meglio” il meteorologo e divulgatore ambientale Luca Lombroso mostrava come sia possibile “coltivare il proprio giardino”, anche in assenza di grandi accordi internazionali, nel nuovo libro “Ciao fossili. Cambiamenti climatici: resilienza e futuro post carbon”  (Edizioni Artestampa, 256 pagine) Lombroso descrive invece il cielo che si sta sgombrando tra Enciclica, Accordo di Parigi e modifiche di fondo dello scenario economico-sociale.

 

Sempre con capitoletti brevissimi di 1-2 pagine, che alternano ragionamenti a slogan di sintesi. Non senza posizioni originali che sollecitano il dibattito.

 

 

È finita (per i fossili)

 

Il messaggio forte del libro è che la transizione è divenuta inarrestabile. Sostiene che occorre rapidamente uscire dalla dipendenza dai combustibili fossili, e che i valori sul cruscotto aziendale delle imprese fossili, specie quelle molto esposte nel carbone, e quelle ad alti consumi di energia, possono già essere sul rosso. Già in passato il rosso nei bilanci è comparso  per le ampie fluttuazioni dei prezzi del petrolio, del gas e del carbone; adesso a quella che sarebbe una situazione congiunturale si aggiungono altri elementi: la prospettiva di decarbonizzazione contenuta nell’Accordo e i risultati impressionanti delle rinnovabili in termini di quantità, di prezzi e di effetti sul mercato). Tutto questo diventa per alcune aziende fossili, incluse quelle giganti, una buona ragione per chiudere; se infatti ampie perdite correnti possono essere compensate tramite profitti futuri, la cui anticipazione è assicurata dal sistema creditizio e finanziario, quest’ultimo è molto meno disponibile oggi ad assumersi questo rischio, vista anche la necessità di deprezzare il valore dei giacimenti sulla base non solo dei prezzi correnti ma anche della necessità di tenere larghissime parti di essi sotto terra per conseguire gli obiettivi ormai vincolanti dell’Accordo di Parigi (si veda la Figura 1).

 

Altri studi indicano una dinamica diversificata a seconda di quale parte del mondo fossile verrà sacrificata per prima. Se infatti il taglio dovesse riguardare, oltre che il carbone, anche il petrolio (e quindi la benzina e il gasolio per autotrazione), almeno in parte il gas potrebbe salvarsi.

 

La bancarotta è una realtà con cui molte aziende dei combustibili fossili si stanno confrontando. Vari analisti finanziari lo sottolineano, le banche che già nel 2015 venivano invitate a fare una analisi completa dei loro rischi, oggi si stanno muovendo e  cominciando a riallocare il portafoglio . Le imprese fossil fuel sarebbero quindi, secondo l’autore, dinosauri in via di estinzione. Qualcuno può non essere d’accordo. Lo dica.

 

Tra adattamento e resilienza

 

Il mantra dei negoziati sul clima, ben documentati nel libro con l’esperienza diretta dell’autore, ha utilizzato la parola “adattamento” per indicare la riduzione della vulnerabilità, con l’aumento della preparazione agli eventi estremi e la modifica di comportamenti, anche organizzati, e dotazioni materiali (ecosistemiche, tecnologiche ed infrastrutturali) per gestire a priori ed a posteriori gli impatti della mutazione climatica, mentre la minimizzazione dei danni fa già parte del capitolo distinto di “Perdite e Danni” (Loss and Damage) . Ma la parola “adattamento” contiene un’origine semantica di lingua comune ambigua e sgradevole: l’idea che si debba accettare e subire. Far buon viso a cattiva sorte. Cambiare noi stessi perché ormai non c’è più nulla da fare. In fondo anche la “mitigazione” (che vorrebbe dire “tagliare” le emissioni) ha una sfumatura, in lingua corrente, che la porta ad essere interscambiabile all’”alleviare con pannicelli caldi” qualcosa che davvero non sappiamo “combattere”, “contrastare” o “impedire”. Sono parole deboli e caute.

 

L’autore sottolinea che nell’Enciclica di Papa Francesco la parola “adattamento” non compare, se non in espressioni derivate e spesso in termini negativi (difficoltà od impossibilità di adattarsi). Sollecita quindi una riflessione a tutto tondo dentro e fuori la comunità scientifica e dei policymakers che, tra mille difficoltà, stanno cercando di porre la questione dell’adattamento in strategie, piani e azioni in Italia.

 

Scrive Lombroso: “Non vi è dubbio che ormai siamo costretti ad adattarci perché i cambiamenti sono già una realtà, ma non dimentichiamoci che l’adattamento non deve essere visto come un ripiego, come una alternativa alla mitigazione.  È bene ricordare che possiamo, e anzi dobbiamo, adattarci al clima che cambia, ma questo è possibile solo entro certi limiti”.

 

Li sfida quindi a parlare di “resilienza” [1], cioè capacità di tornare a galla, a rimanere sé stessi dopo i colpi inferti, ed a ridurre la vulnerabilità strutturale ma anche a progettare ed intraprendere attività concrete che rimargino la ferita prima che il danno porti all’infezione

 

In alcune aree del nostro Pianeta probabilmente le azioni tradizionali di adattamento incrementale [2] o le azioni per la costruzione di resilienza, così come definite internazionalmente, potrebbero risultare non efficaci in un prossimo futuro e le società dovranno progettare e attuare azioni di adattamento “trasformativo”; in altre parole, azioni di adattamento che cambiano gli attributi fondamentali di un sistema in risposta al clima e dei suoi effetti, mantenendo un alto livello di qualità dell’adattamento. Va inoltre considerata la necessità di includere nelle strategie di adattamento i criteri indicati dall’art. 7 dell’Accordo di Parigi: deve essere scelto localmente dal Paese dove avviene e non dal finanziatore dell’azione, deve derivare da un processo partecipativo, pienamente trasparente, mettendo al centro gli ecosistemi, le comunità e i gruppi vulnerabili e rispettoso della differenza di genere.

 

Usa e getta

 

Il gesto quotidiano, suggerito nei supermercati ad ogni banchetto di frutta o nei bar ad ogni bicchiere d’acqua di plastica, di usare un bene durevole per un’attività che non lo richiede e lo conduce in un lampo ad essere rifiuto è, secondo l’Enciclica di Papa Francesco, sostrato materiale di una cultura dello scarto, “che colpisce tanto gli es­seri umani esclusi quanto le cose che si trasforma­no velocemente in spazzatura” in una fase in cui “la terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia”. Lombroso riprende, commenta ed amplia questi passi, sottolineando gli approcci scientifici dell’Analisi del ciclo di vita del prodotto.

 

Rallentare, comunità, economia circolare

 

Il nuovo paradigma dovrebbe chiudere il cerchio nell’uso delle risorse, come avviene negli ecosistemi. “Dobbiamo sostituire le filiere con cerchi, con tanti cerchi locali, di produzione e di uso (e non consumo)”.

 

Non bastano più i gesti simbolici, occorrono scatti profondi

 

Nella nuova lista di azioni individuali, Lombroso non menziona più i piccoli risparmi, testimonianze giustificate dal “se tutti facessero così”. Propone invece investimenti consapevoli che tagliano del 40% o più le proprie emissioni. Ad esempio consiglia: “Passa a fonti rinnovabili, nel riscaldamento e nell’elettricità, o con l’auto-produzione o scegliendo fornitori specializzati…Se puoi, rinuncia all’auto oppure passa ad una elettrica od ibrida… Dì ai tuoi amministratori locali che vuoi una città smart, ecologica e resiliente. Vota solo chi fa e mantiene questa promessa”. La barra minima si alza. Siamo diventati più esigenti.

 

Non capita tutti i giorni di ricevere dal Papa un ringraziamento ed un incoraggiamento per un proprio libro. È quello che invece è accaduto a Luca Lombroso, per un libro precedente (“Apocalypse now. Clima, ambiente, cataclismi. Possiamo salvare il mondo, ora”). Ma siamo sicuri che questo gli piacerà ancor di più.

 

Testo a cura di Valentino Piana, con il contributo di Sergio Castellari.

 

FONTE: http://www.climalteranti.it/2016/11/02/tra-enciclica-e-accordo-di-parigi-addio-ai-fossili-benvenuta-resilienza/

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