Il glifosate è ancora il pesticida più presente nelle acque italiane, in particolare nel Centro – Nord del paese, che è però anche la zona dove i controlli sono più frequenti e puntuali. L’erbicida, che è stato dichiarato potenzialmente “cancerogeno” dall’Organizzazione mondiale della sanità è diffuso, secondo i dati presentati dall’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel suo report annuale sui pesticidi, in maniera superiore a quanto previsto dalle norme nel 24,5% dei siti di acque superficiali monitorati, mentre il suo metabolita Ampa, in cui Glyphosate rapidamente degrada, è stato riscontrato nel 47,8% dei punti di monitoraggio. Pesticidi nel 67% dei punti di rilevamento superficiali e nel 33,5% in profondità Il glifosate non è certo l’unica sostanza pericolosa che si trova nelle acque italiane,visto che nel biennio 2015-2016, spiega l’Ispra, ne sono state ricercate a livello regionale quasi 400, prendendo oltre 35mila campioni e rilevando 259 sostanze diverse, con pesticidi che sono stati trovati nel 67% dei 1554 punti di monitoraggio superficiali e nel 33,5% dei 3mila 129 punti delle acque sotterranee, dove i livelli di guardia (i cosiddetti Sqa – Standard di qualità ambientale per le acque) sono stati superati nell’8,3% dei casi. Erbicidi ma anche fungicidi e insetticidi, sostanze come il metolaclor, che supera i limiti nel 7,7% dei casi e il quinclorac, superiore ai limiti nel 10,2% dei casi: tra i pesticidi rilevati anche quelli che di recente l’Unione Europea ha vietato per proteggere le api, i cosiddetti neonicotinoidi, in particolare l’imidacloprid, che è stato trovato nel 51,4% delle acque superficiali esaminate, il tiametoxam, presente nel 18,6% dei controlli e il clothianidin.
Friuli, Piemonte, Veneto e Bolzano le zone più interessate La maggior presenza di pesticidi è stata verificata nella pianura padano-veneta, mentre a livello regionale la loro presenza interessa oltre il 90% dei punti delle acque superficiali in Friuli Venezia Giulia, in Piemonte, Veneto e nella provincia di Bolzano, mentre supera l’80% dei punti di rilevamento in Emilia Romagna e Toscana. Oltre il 70% anche la Lombardia e la provincia di Trento. Nelle acque sotterranee la presenza di queste sostanze è particolarmente elevata in Friuli Venezia Giulia con l’81%, in Piemonte col 66% e in Sicilia, dove si arriva al 60%. Inversione di tendenza invece nelle vendite di fitosanitari, che nel 2015 con 136mila 055 tonnellate sono aumentate, dopo oltre dieci anni di diminuzione. Al di sopra della media nazionale delle vendite, riferite alla Superficie Agricola Utilizzata (Sau), ci sono il Veneto con oltre 10 chilogrammi per ettaro, la provincia di Trento, Campania, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia.
Ancora pochi i controlli al Centro - Sud Dati preoccupanti e probabilmente sottostimati, visto che oltre il 50% dei punti di monitoraggio si trovano nelle regioni del Nord Italia, mentre nel Centro – Sud le rilevazioni sono molto meno diffuse; addirittura nessun dato, secondo il report Ispra, è pervenuto dalla Calabria. La situazione viene definita “disomogenea”, e ad esempio mentre in Lombardia ci sono 320 punti di monitoraggio per le acque superficiali, 166 in Veneto, 150 in Toscana, 149 in Emilia – Romagna e 121 nel Lazio, in tutta la Puglia sono "solo" 59, in Sicilia 34, in Sardegna 33, in Basilicata 15, in Abruzzo 14. Peraltro proprio la Puglia, in particolare il Salento, è al centro di una polemica per il decreto emanato dal Ministero delle politiche agricole, quando era ancora guidato da Maurizio Martina, che impone di irrorare con pesticidi, alcuni dei quali proprio quei neonicotinoidi vietati dall’Ue, uliveti e campi di questo territorio, come strumento di lotta contro la malattia della Xylella Fastidiosa, batterio considerato responsabile del disseccamento degli ulivi. In Salento contestati i pesticidi contro la Xylella Sull’argomento è intervenuto con un’interrogazione all’Europarlamento il deputato Massimo Paolucci (Leu) ma anche la Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt) di Lecce, che con la sua presidente, Marianna Burlando, pone l'accento sul fatto che queste sostanze sono cancerogene e "rientrano nella attenzionata categoria degli interferenti o disturbatori endocrini (Ie), responsabili di disturbi e di danni a carico della funzionalità del sistema endocrino, causanti effetti avversi sulla salute dell'organismo". Effetti negativi che non riguardano solo "l'individuo esposto ma agiscono sulle stesse cellule germinali, determinando alterazioni che si trasmettono alle generazioni successive attraverso modificazioni di tipo epigenetico", venendo anche correlati a patologie gravi come l’infertilità maschile e femminile.
FONTE: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Oltre-250-pesticidi-nelle-acque-italiane-il-piu-presente-sempre-glifosate-ambiente-report-513089fd-449d-4711-b5eb-f694c819e1fe.html