Il conto alla rovescia è cominciato: il primo gennaio 2021 inizierà il decennio delle Nazioni Unite delle scienze del mare per lo sviluppo sostenibile. I dati sull’inquinamento dell’oceano e dei mari hanno reso indispensabile dedicare un periodo di tempo così esteso alla ricerca concentrata sulla vita dell’oceano e nell’oceano, ma non solamente (SKY, UN MARE DA SALVARE). Nella sede dell’UNESCO, a Parigi, dal 4 al 6 luglio il comitato esecutivo dell’IOC (la Commissione oceanografica intergovernativa delle Nazioni Unite) si è riunito per definire il primo piano di intervento in vista di questo appuntamento.
“La ricerca oceanografica è fondamentale”
260 delegati in rappresentanza dei 149 Stati che fanno parte dell’organismo internazionale hanno dibattuto e votato all’unanimità una serie di iniziative che –come ha spiegato Francesca Santoro (specialista di programma della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell’UNESCO)- mirano a “sottolineare l’importanza delle scienze del mare per la società”. “Dobbiamo fare arrivare alle persone”, continua Francesca Santoro, “il concetto che la ricerca oceanografica è fondamentale per tutta una serie di attività che dipendono dal mare: dal trasporto alla pesca, al turismo”.
Il legame strettissimo tra la nostra vita e l’attività degli scienziati
Solamente per fare un esempio e grazie alla ricerca se oggi possiamo fare previsioni metereologiche marine e –ad esempio- dare allerte tsunami in quelle aree del mondo soggette a questo tipo di fenomeno. A ricordare il legame strettissimo tra la nostra vita e l’attività degli scienziati ci ha pensato uno dei decani, se non il decano in assoluto, degli esperti di oceano: Walter Munk. 100 anni compiuti, è considerato l’Einstein dell’oceanografia e ha parlato all’assemblea del consiglio esecutivo dell’IOC proprio in occasione della sua riunione. A loro ha ricordato come da ragazzo è stato anche grazie ai suoi studi se nel 1942 (durante la Seconda Guerra Mondiale) si è reso possibile lo sbarco delle truppe alleate in Algeria e Marocco in quella che è passata alla storia come “Operazione Torch”.
La testimonianza di Munk, l’Einstein dell’oceanografia
“Prima dell’attacco di Pearl Harbour”, ha raccontato Munk a SkyTg24, “gli Alleati erano sotto costante attacco da parte delle forze militari dell’Asse. Non avevamo abbastanza conoscenze per far fronte alla loro forza. Poi dopo il 7 dicembre 1941 in due anni e mezzo tutto è cambiato. Gli Alleati hanno messo assieme le forze e le conoscenze e hanno lavorato per un obiettivo comune ribaltando l’esito della Guerra”. Lui in particolare si occupò dello studio delle onde, della loro altezza. Potrà sembrare poco importante, ma non lo fu perché se avessero superato il metro e mezzo di altezza i mezzi anfibi dei soldati angloamericani non sarebbero potuti sbarcare sulle coste nord-occidentali africane. Gli studi di Munk, insomma, hanno permesso di pianificare l’intervento.
“Trasformare ricerca scientifica in azioni concrete”
“Lavorare assieme per un obiettivo comune”, secondo lo scienziato ultracentenario che oggi vive in California, insomma, è la chiave con la quale dobbiamo affrontare anche la sfida dell’inquinamento dell’oceano e del surriscaldamento globale. Questo il messaggio che ha lasciato ai delegati dei Paesi membro dell’agenzia dell’UNESCO e che si trasformerà in azione concrete sin dai prossimi mesi.
Come, infatti, ha ricordato ancora Francesca Santoro: “Tutti i paesi si rendono conto che il mare è in pericolo e che è urgente prender delle decisioni, agire. E soprattutto trasformare il sapere e la ricerca scientifica in azioni concrete”. L’obiettivo è coinvolgere in questa attività il settore privato come la politica, ma anche i cittadini comuni per creare una coscienza comune sempre più radicata.
Anche l’Italia partecipa al lavoro di preparazione
L’Italia sarà partecipe in questo importante lavoro di preparazione al decennio. Il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, a metà luglio sarà a Parigi alla sede dell’UNESCO anche per avviare la pianificazione di una serie di incontri tra tutte le nazioni delle due sponde del Mediterraneo coordinati da Roma per fissare un’agenda di iniziative che porteranno al primo gennaio 2021 e da lì in poi per raggiungere gli obiettivi che nei prossimi mesi saranno fissati a livello globale e territoriale.
Solo 5% dell’oceano è mappato
Abbiamo mappato solamente il 5% dell’oceano, ci sono almeno un milione di specie animali che vivono nei mari che non conosciamo ancora. Nonostante l’immenso lavoro fatto sino ad oggi ci manca ancora una conoscenza specifica per gestire la biodiversità nel 99% delle aree marine abitabili. Basterebbero questi tre dati per rimboccarsi tutti le maniche e iniziare non solamente a rispettare di più l’oceano, ma anche ad esplorarlo. Ora ne abbiamo tutti l’occasione: il 2021 non è poi così lontano.
di Nicola Veschi
FONTE: https://tg24.sky.it/ambiente/2018/07/08/Nazioni-unite-scienze-mare-sviluppo-sostenibile.html