È stata presentata oggi a Roma la XX edizione del rapporto grazie al quale l’Ispra fornisce i dati aggiornati al 2017 sulla produzione, la raccolta differenziata e la gestione dei rifiuti urbani prodotti in Italia. Si tratta di quella spazzatura che proviene essenzialmente dalle nostre case – al contrario dei rifiuti speciali, 135,1 milioni di tonnellate prodotte nel solo 2016 – e la cui produzione ammonta nel 2017 a 29,6 milioni di tonnellate.
Raffrontando il dato 2017 con quello 2013 si riscontra, nel quinquennio, una sostanziale stabilità della produzione (+0,08%), ma è degna di nota l’inversione di tendenza registrata nell’ultimo anno: mentre la produzione di rifiuti nel 2017 è calata dell’1,7% rispetto al 2016 (-524 mila tonnellate), nello stesso periodo sia la spesa delle famiglie che il Prodotto interno lordo sono infatti aumentati dell’1,6%, registrando così segnali di disaccoppiamento tra la produzione di rifiuti urbani e la crescita economica. Si tratta di un primo dato incoraggiante, anche se dovrà confermarsi nel tempo.
Ma come viene gestito quest’ammontare di rifiuti urbani? Secondo i dati Ispra «lo smaltimento in discarica interessa il 23% dei rifiuti urbani prodotti. Il riciclaggio delle diverse frazioni provenienti dalla raccolta differenziata o dagli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani raggiunge, nel suo complesso, il 47% della produzione: il 20% è costituito dal recupero di materia della frazione organica da RD (umido+verde) e oltre il 27% dal recupero delle altre frazioni merceologiche. Il 18% dei rifiuti urbani prodotti è incenerito».
Più nel dettaglio, lo smaltimento in discarica nel 2017 ha interessato 6,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, facendo registrare una riduzione del 6,8% rispetto 2016. Anche per l’incenerimento (che nel nostro Paese è sempre con recupero di energia, elettrica o termica) si nota una riduzione del 3% tra il 2016 ed il 2017, pur con rilevanti differenze geografiche: «Va rilevato che quote considerevoli di rifiuti prodotte nelle aree del centro e sud Italia vengono trattate in impianti localizzati al Nord. La sola Lombardia – sottolinea l’Ispra – riceve da fuori regione 300 mila tonnellate provenienti prevalentemente dal Lazio».
Anche i dati sulla raccolta differenziata e il successivo avvio a riciclo si presentano in chiaroscuro. Nel 2017 la percentuale determinata secondo la metodologia prevista dal DM 26 maggio 2016 è arrivata 55,5% della produzione nazionale di rifiuti urbani, con una crescita del 3% rispetto al 2016 (e si attesta a circa 16,4 milioni di tonnellate). Una crescita positiva dunque, ma ancora ampiamente distante dagli obiettivi delineati dalla normativa nazionale: almeno il 65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre 2012. Ancora più preoccupante è la distanza che separa il nostro Paese dai target recentemente individuati dalla direttiva 2018/851/UE, che ha introdotto ulteriori obiettivi non di raccolta differenziata ma di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti urbani, da conseguirsi entro il 2025 (55%), 2030 (60%) e 2035 (65%).
Ebbene nel 2017 la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 43,9% in Italia, in crescita dell’1,7% rispetto al 2016, mentre come già detto la raccolta differenziata è cresciuta di quasi il doppio (3%): non a caso l’Ispra avverte che negli ultimi due anni si è registrato «un allargamento della forbice tra la percentuale di raccolta differenziata e tassi di riciclaggio», uno scollamento con l’economia circolare da ricucire il prima possibile tramite un’adeguata comunicazione, supporto al mercato dei prodotti derivanti da riciclo e un’adeguata dotazione impiantistica lungo tutta la filiera.
Il problema è però che gli impianti necessari alla gestione dei rifiuti urbani continuano a calare più rapidamente di quanto non facciano i rifiuti stessi, esponendo il Paese a rischi e a un blocco dell’economia circolare. Nel 2017 sono infatti risultati operativi 644 impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani: tra questi rientrano ad esempio 39 impianti di incenerimento (erano 41 nel 2016, -4,9%) e 123 discariche per rifiuti non pericolosi e pericolosi che hanno ricevuto rifiuti di origine urbana (in un anno hanno chiuso 11 impianti, -8,2%). Quella della deindustrializzazione senza pianificazione è la strada giusta? Non sembra.
Come spiega l’Ispra, «analizzando i dati relativi alle diverse forme di gestione messe in atto a livello regionale si evidenzia che, laddove esiste un ciclo integrato dei rifiuti grazie ad un parco impiantistico sviluppato, viene ridotto significativamente l’utilizzo della discarica. In particolare in Lombardia lo smaltimento in discarica è ridotto al 5% dei rifiuti prodotti, in Friuli Venezia Giulia al 6%, in Trentino Alto Adige al 10% ed in Veneto al 13%. Nelle stesse regioni la raccolta differenziata è pari rispettivamente al 69,6%, 65,5%, 72% e 73,6% e consistenti quote di rifiuti vengono trattate in impianti di incenerimento con recupero di energia». Al contrario «vi sono regioni in cui il quadro impiantistico è molto carente o del tutto inadeguato», una lacuna che danneggia l’intero Paese.
di Luca Aterini
FONTE: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/ispra-in-italia-calano-i-rifiuti-urbani-prodotti-ma-gli-impianti-per-gestirli-ancora-di-piu/