Immaginiamo che ai Ministeri dello Sviluppo Economico, dell’Ambiente e dei Trasporti si lavori alacremente: c’è davvero ancora molto da fare per arrivare a un vero Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima al 2030. Si tratta di un provvedimento previsto dalla direttiva sulla governance energetica dell’Unione Europea, completamente gestito dai Governi nazionali nell’ambito degli obiettivi condivisi e quindi potenzialmente uno strumento per mettere in fila le politiche e misure necessarie per adeguare il Paese agli scenari di medio termine. Il Governo italiano ha inviato a Bruxelles una prima bozza, come richiesto, ma ora si apre la fase di confronto, obbligatoriamente anche con gli stakeholders. Tra l’altro, il Piano dovrebbe essere redatto parallelamente alla visione di lungo periodo (2050), prevista anche dall’Accordo di Parigi e richiesta dalla UE entro quest’anno. Diciamo che le tessere del puzzle per mettersi seriamente a lavorare sulla visione del futuro e sugli strumenti per raggiungere il carbonio zero netto prima della metà del secolo, come indicato dalla Comunità scientifica e dal rapporto IPCC su come limitare il riscaldamento globale a 1,5°C, ci sarebbero tutti. Il Governo italiano, però, ha inviato a Bruxelles una bozza che assomiglia molto alla Strategia Energetica Nazionale (SEN) del 2017, nel bene (stop al carbone entro il 2025) e nel male (obiettivo rinnovabili non adeguato, troppo gas). Soprattutto, manca quel che distingue un Piano da una Strategia, mancano cioè gli strumenti per passare dagli obiettivi alla loro attuazione. Ci aspettavamo francamente di più. Nulla è però perduto, si tratta di una bozza e può essere integrata e migliorata, anche profondamente: se lo si vuole, se si daranno indicazioni politiche davvero chiare e cogenti, traendo il massimo contributo dalle consultazioni e dal confronto. Occorre agire per affrontare problemi drammatici, come il cambiamento climatico, che rischia di sconvolgere il pianeta e chiama tutti ad agire subito e in prima persona, e nel contempo occorre tracciare il ruolo del Paese negli scenari tecnologici e industriali dell’economia senza carbonio, cioè senza combustibili fossili: insomma, bisogna scegliere, per davvero.
Nella bozza di Piano è confermata la chiusura delle centrali termoelettriche a carbone entro il 2025, e questa è una scelta giusta, ma non sono stati fatti sostanziali passi avanti nella proposta di strumenti per implementare l’obiettivo politico già contenuto nella SEN. Eppure il WWF negli anni ha già fornito una serie di contributi tecnici concreti, per esempio indicando i vantaggi di uno strumento strategico come l’EPS (Emission Performance Standard) con un tetto a 500 gCO2/kWh permetterebbe di programmare la chiusura delle centrali a carbone in tempo utile per consentire lo sviluppo delle infrastrutture necessarie a garantire la sicurezza del sistema elettrico e, allo stesso tempo, predisporre una giusta transizione.
L’obiettivo di sviluppo delle fonti rinnovabili al 2030 del Piano è fermo al 30%, quindi meno dell’obiettivo globale previsto dalla direttiva europea che chiede un contributo medio del 32%. L’Italia aveva peraltro sostenuto in Europa l’obiettivo del 35%.
Rimane la conferma dell’obiettivo del 55% di rinnovabili nel settore elettrico, anche se la maggior parte dello sforzo è posticipato a dopo il 2025. Una scelta molto discutibile, anche in chiave industriale poiché le rinnovabili hanno bisogno di mercati stabili, senza continui stop ed accelerazioni. Occorre fare chiarezza su strumenti, tempi e le quantità con cui si intende sviluppare le FER. Il decreto per le rinnovabili, probabilmente già insufficiente ad allineare lo sviluppo agli obiettivi, è ancora bloccato, ed è fondamentale per far partire nuove aste (l’ultima asta è stata nel 2016) e tracciare le linee guida per il mercato dei contratti a lungo termine di acquisto di energia rinnovabile (PPA).
Condivisibile l’intenzione di incrementare gli obiettivi su rinnovabili nel settore trasporti e del calore. Anche in questo caso c’è però poca chiarezza su come si intende attivare i due settori meno avanzati dell’elettrico nello sviluppo delle FER. Trasferire su trasporto e calore una maggiore responsabilità rispetto agli obiettivi deve necessariamente essere accompagnato da uno sforzo serio in termini di strumenti, meccanismi ed incentivi per garantire il risultato.
Anche per quanto riguarda l’efficienza energetica, se è positivo aver aumentato l’obiettivo, meno condivisibile resta il non aver adeguatamente identificato il potenziale del settore industriale. In generale sarebbe auspicabile che le varie misure di efficienza suggerite fossero adeguatamente argomentate perché se ne possa comprendere la reale efficacia.
Ancora troppo alto il ricorso al gas. La soluzione di breve termine di sviluppo di nuova infrastruttura e generazione a gas non sembra compatibile con gli scenari di decarbonizzazione di lungo periodo. Soprattutto per la Sardegna dove la metanizzazione rischia di legare l’isola al gas fino a oltre il 2060. Il WWF già nelle osservazioni alla SEN aveva proposto di trasformare la Sardegna in un grande laboratorio della decarbonizzazione puntando direttamente su FER diffuse (non solo elettriche), su efficienza energetica in tutti i settori, su trasporti sostenibili (non con combustibili fossili), su una rete elettrica evoluta, su sistemi di accumulo moderni, ecc.
Un aspetto certamente non secondario da affrontare è quello della transizione giusta, vale a dire la necessità di attrezzarsi per minimizzare l’impatto sociale della transizione. Tutti sanno già oggi che le trasformazioni in atto in settori chiave, per esempio quello dei trasporti, comporteranno la necessità formare, trasferire, trovare nuova occupazione: lo sanno oggi e non possono cincischiare o cedere ai ricatti di chi non vuole cambiare per altri 10 anni, perché poi le conseguenze negative saranno già avvenute. La transizione giusta non è cercare di rimanere nel passato il più a lungo possibile, è anticipare il futuro e le opportunità che porta.
Sempre sugli aspetti sociali, un nodo che il Piano affronta è quello della povertà energetica. Lo fa però rinviando a un futuro indeterminato la soluzione al grande problema, come favorire l’accesso al risparmio e all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili ai meno abbienti. Il futuro decarbonizzato deve essere alla portata di tutti.
Il WWF auspica che le consultazioni riescano ad aggiungere concretezza ad un piano, sufficiente sugli obiettivi ma debole nelle politiche e strategie. Sarà anche un’occasione per richiamare tutti alla massima coerenza, incluse le aziende: il tempo degli annunci è finito da un pezzo.
di Mariagrazia Midulla
Responsabile Clima ed Energia WWF Italia
FONTE: https://www.lastampa.it/2019/02/04/scienza/piano-nazionale-per-lenergia-e-il-clima-non-giriamoci-intorno-si-tratta-di-dare-un-futuro-allitalia-6FFZy4sWgZWI467RMNHKCL/pagina.html