Dopo anni di magra e disuguale crescita economica, l’Italia con l’arrivo del 2019 è ripiombata in recessione e non sembra ne uscirà a breve: il centro studi di Confindustria ha rivisto ieri nuovamente al ribasso le stime sulla crescita prevista del Pil, che per l’intero 2019 si prevede sarà dello 0%, per poi tornare a +0,4% nel 2020. Si tratta di uno scenario da incubo che il Governo nazionale avrebbe potuto provare a evitare puntando sullo sviluppo sostenibile: finora si è scelto di non imboccare questa strada – come testimonia in primis la legge di Bilancio –, eppure si tratta di una ghiotta occasione anche a livello occupazionale.
Secondo il focus Censis-Confcooperative Smart&Green, l’economia che genera futuro, presentato ieri a Roma, «il green è il nuovo eldorado dell’occupazione italiana. Da oggi al 2023 ogni 5 nuovi posti di lavoro creati dalle imprese attive in Italia 1 sarà generato da aziende ecosostenibili: oltre il 50% in più di quelli generati dal digitale». I dati, elaborati dal sistema informativo Exclesior – realizzato dall’Unione italiana delle Camere di commercio Industria, Artigianato e Agricoltura, in collaborazione con il ministero del Lavoro e con l’Unione europea – dalle stime di crescita del Pil italiano elaborate dal Fondo monetario internazionale (Fmi) prevedono infatti che fra il 2019 e il 2023, il fabbisogno complessivo di nuova occupazione possa raggiungere i 2 milioni e 542mila unità, con un tasso medio annuo di crescita, nel periodo considerato, pari al 2,21%. Scomponendo il dato, l’occupazione «in ambito ecosostenibile (green skill, sviluppo dell’economia circolare, ecc.) coprirebbe una quota pari al 18,9% sul totale del fabbisogno generato fino al 2023. In termini assoluti, il volume di lavoro attivabile con questo profilo di competenze sarebbe pari a 481mila unità (poco meno di 100mila unità annuo). Il digitale – che rappresenta l’altro grande trend innovativo per le competenze richieste – presenta un fabbisogno complessivo di 214mila occupati, mentre la filiera “salute e benessere” svilupperebbe, al 2023, circa 324mila occupati, con un valore medio annuo di 64mila unità». Nell’analisi si osserva per i green job una ripartizione pressoché equivalente tra le attività di conservazione, mantenimento e miglioramento dello stock di risorse naturali, e quelle legate alla prevenzione, riduzione ed eliminazione dell’inquinamento e del degrado ambientale.
Com’è però evidente dalle stime al ribasso fornite da Confindustria, il contesto economico rimane assai fluido e si prevede in peggioramento: non è dunque affatto scontato che l’auspicato incremento di lavori verdi si concretizzi, se non saranno stanziati – anche dalla mano pubblica – i necessari investimenti, che porterebbero tra l’altro non solo risvolti positivi sul lato ambientale, ma anche i conseguenti risparmi economici.
«Nel 2017 – sottolinea al proposito Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative – la stima economica degli effetti disastrosi di eventi collegati al cambiamento climatico ha raggiunto i 290 miliardi di euro. In uno scenario di ulteriore riscaldamento, le stime convergono su una media annua compresa fra i 120 e i 190 miliardi di euro. Evitare tali costi, potrebbe incrementare, entro il 2050% il Pil dei paesi G20 del 4,7% netto».
di Luca Aterini
Fonte: http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/confindustria-congela-la-crescita-del-pil-italiano-la-via-di-fuga-la-green-economy/