Il coronavirus ha fatto crollare le emissioni globali di CO2 del 17%, riportandole ai livelli del 2006

Le emissioni globali giornaliere di carbonio in aprile, quando praticamente tutto il mondo era in lockdown, sono diminuite del 17%, portandole a livelli che non si registravano dal 2006. Ma probabilmente e purtroppo, come già sta succedendo in Cina, questo trend è destinato a non durare.

 

La pandemia di Covid-19 ha costretto i Paesi di tutto il mondo a mettere in atto più o meno rigidi blocchi alle attività economiche e agli spostamenti dei cittadini, ha sigillato i confini e costretto in casa miliardi di persone dando vita al più grande calo mondiale di emissioni di carbonio mai registrato prima.

 

La quantità di anidride carbonica generata dagli umani in tutto il mondo è diminuita di crica 18,7 milioni di tonnellate, ad aprile rispetto  alla media giornaliera registrata nel 2019. Un calo stimato del 17%, scendendo ai livelli osservati l’ultima volta nel 2006. A rendere ufficiali i dati di quello che già era possibile osservare “ad occhio nudo” durante i giorni della quarantena dovuta alla pandemia di COVID-19, lo studio pubblicato oggi sulla rivista Nature Climate Change .

 

Prima della pandemia di COVID-19 del 2020, le emissioni di anidride carbonica aumentavano di circa l’1% all’anno rispetto al decennio precedente raggiungendo livelli preoccupanti e di non ritorno.

 

 

Pur essendo questo un calo mai registrato prima, gli scienziati autori dello studio mettono subito in chiaro che gli eventuali benefici che l’ambiente sta vivendo a causa della crisi del coronavirus sono temporanei perché non investono cambiamenti strutturali, e le emissioni destinate a risalire vorticosamente non appena verranno ridotte le restrizioni e le misure di distanziamento sociale. Si stima, infatti, che se già a giugno dovessero ripartire le principali attività nel mondo, la diminuizione che si registrerà nel 2020 sarebbe appena del 4% . 

 

“E' probabile che la maggior parte dei cambiamenti osservati nel 2020 siano temporanei in quanto non riflettono cambiamenti strutturali nei sistemi economici, dei trasporti o dell’energia. Il trauma sociale del confinamento e i cambiamenti associati potrebbero alterare la traiettoria futura in modi imprevedibili, ma le sole risposte sociali, come mostrato qui, non guiderebbero le riduzioni profonde e sostenute necessarie per raggiungere emissioni nette zero”

 

Parole che trovano subito riscontro in Cina, dove uno studio pubbicato in questi giorni dimostra come i livelli di emissioni registrati adesso siano addirittura superiori a quelli pre-pandemia.

 

 

Se i Governi ritardano azioni concrete sulle politiche energetiche di mobilità, insomma le emissioni potrebbero aumentare peggio di primi, come già successo opo la crisi finanziaria del 2008. Ciò potrebbe portare a una crisi climatica peggiore di quanto previsto prima dell’emergere della pandemia di Covid-19.

 

Lo studio ha rilevato anche che il calo più significativo delle emissioni di carbonio è derivato dalla riduzione del traffico di auto, autobus e camion: la cosiddetta mobilità di superficie ha rappresentato, infatti il 43% del totale contro le emissioni delle attività industriali diminuite del 19%. A conferma che lavorare su una mobilità più sostenibile sia la base per invertire la rotta:

 

“Il nostro studio rivela quanto possano essere sensibili le emissioni del settore dei trasporti di superficie ai cambiamenti delle politiche e ai cambiamenti economici. Il trasporto di superficie rappresenta quasi la metà della riduzione delle emissioni durante il confinamento, e i viaggi attivi (camminare e andare in bicicletta, comprese le e-bike) hanno attributi di distanza sociale che potrebbero essere desiderabili per qualche tempo e potrebbero aiutare a ridurre la CO2 le emissioni e l’inquinamento atmosferico grazie alla riduzione del confinamento”. Si legge nello studio.

 

Le emissioni dei viaggi aerei, ridotti del 75% in tutto il mondo in aprile ha portato a una riduzione del 60%, ma tale declino costituisce però una porzione molto più ridotta della riduzione complessiva dato che i viaggi aere, in genere, rappresentano solo il 2,8% delle emissioni globali di carbonio.

 

“A livello globale, non abbiamo mai visto un calo così grande e, a livello annuale, si dovrebbe tornare alla seconda guerra mondiale per vedere un così grande calo delle emissioni”, ha affermato Corinne Le Quéré, professore di cambiamenti climatici all’Università dell’East Anglia nel Regno Unito e autore principale dello studio. “Ma questo non è il modo di affrontare i cambiamenti climatici: non accadrà forzando i cambiamenti comportamentali sulle persone. Dobbiamo affrontarlo aiutando le persone a spostarsi verso modi di vita più sostenibili”.

 

Insomma urgono cambiamenti strutturali e i Governi di tutto il mondo dovrebbero essere lungimiranti e tenerne assolutamente conto nella fase di ripresa economica,  per non dover presto affrontare una crisi ancora più drammatica che, anche se appare lontana, sta già alle porte, quella climatica. La cosa positiva di questo lockdown mondiale è che, per la prima volta i cambiamenti ambientali sono stati percepiti non più come astratti, ma visti concretamente da tutti anche solo nei cieli più limpidi e blu in India o nelle città più inquinate di tutto il mondo.

 

di Simona Falasca

 

Fonte: https://www.greenme.it/informarsi/ambiente/coronavirus-emissioni-globali/