I giovani possono «cambiare un sistema enorme e complesso come l’economia mondiale». Anche in questa «epoca non facile», segnata da crisi ambientale, pandemia e guerre in Ucraina e altrove. Nonostante «la nostra generazione» pur lasciando «in eredità molte ricchezze», non abbia saputo «custodire il pianeta» e non stia «custodendo la pace». I giovani sono chiamati a diventare «artigiani e costruttori della casa comune». A costruire una «nuova economia», ispirata a Francesco d’Assisi, che sia «amica della terra», ad edificare «un’economia di pace». L’obiettivo è trasformare «un’economia che uccide» in «un’economia della vita, in tutte le sue dimensioni».
Papa Francesco è ad Assisi per la sesta volta. Una visita lampo, meno di tre ore, per chiudere l’evento Economia di Francesco, che ha chiamato nella città del Poverello mille giovani provenienti da tutto il mondo col sogno di cambiare il sistema economico mondiale. Il discorso del Pontefice è potente. Francesco sottolinea il valore profetico dell’evento, che esprime «una visione nuova dell’ambiente e della terra». Infatti non basta «fare il maquillage», ma bisogna «mettere in discussione il modello di sviluppo». Magari lavorando su un tema innovativo come l’«economia delle piante», per superare «il paradigma economico del Novecento» che ha «depredato le risorse naturali e la terra», abbandonare le «fonti fossili d’energia» e accelerare lo sviluppo di quelle «a impatto zero o positivo».
Francesco parla chiaro. Il discorso preparato è già lungo, ma lui lo arricchisce con numerosi interventi a braccio. E sono le parole più applaudite dai giovani. Come quando attacca la «gassosità» della finanza, quando invita, con ironia, a guardare «la faccia», specchio di una società e di un’economia «tristi, pessimiste, ciniche», dei giovani che studiano «nelle università ultraspecializzate in economia liberale», quando elogia gli «eroi di oggi» che rifiutano di lavorare in industrie che fabbricano armi. Quando con un sorriso li esorta: «Se non avete niente da dire almeno fate chiasso!». O quando denuncia l’«inverno demografico» in cui si preferisce accudire cagnolini piuttosto che generare figli, o la «schiavitù» delle donne che vengono licenziate se rimangono incinte.
Papa Francesco, nonostante i problemi al ginocchio, è in gran forma. Arriva in elicottero da Roma nel Piazzale antistante il Pala-Eventi di Santa Maria degli Angeli. Viene portato in carrozzella, ma davanti ai bambini che lo accolgono si alza e, a fatica, li saluta uno a uno. Saluta anche tre giovani in rappresentanza dei presenti all’evento. Poi, di nuovo in carrozzella, l’accoglienza più istituzionale. Con le autorità civili ci sono il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il cardinale Michael Czerny, l’arcivescovo-vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino e di Foligno, Domenico Sorrentino, i membri del Comitato promotore Luigino Bruni, Francesca di Maolo, suor Alessandra Smerilli, segretario del Dicastero, i rappresentanti delle Famiglie francescane di Assisi e della Pro Civitate Christiana. A portare il loro saluto ci sono anche l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Ivan Maffeis con il predecessore, il cardinale Gualtiero Bassetti. Francesco raggiunge il palco del Teatro Lyrick. Dopo vari momenti musicali e teatrali, le testimonianze di otto giovani. Quindi il discorso.
Per il Papa bisogna accettare «il principio etico universale – che però non piace – che i danni vanno riparati». Così «se siamo cresciuti abusando del pianeta e dell’atmosfera, oggi dobbiamo imparare a fare anche sacrifici negli stili di vita ancora insostenibili». Occorre «un cambiamento rapido e deciso». «Conto su di voi! – dice ai giovani –. Non lasciateci tranquilli, e dateci l’esempio!». E poi evoca la «sostenibilità» che oltre a quella ambientale ha altre tre dimensioni: sociale, relazionale e spirituale. Sociale perché quando «lavoriamo per la trasformazione ecologica, dobbiamo tenere presenti gli effetti che alcune scelte ambientali producono sulle povertà». Relazionali perché soprattutto in Occidente, le comunità «diventano sempre più fragili e frammentate», la famiglia «soffre una grave crisi» e con essa «l’accoglienza e la custodia della vita». Il consumismo attuale insomma cerca «di riempire il vuoto dei rapporti umani con merci sempre più sofisticate» ma così genera «una carestia di felicità». Infine c’è «una insostenibilità spirituale del nostro capitalismo», con i giovani che soffrono una «mancanza di senso», con i suicidi che aumentano ma «nascondono la cifra». Infatti la fragilità di molti giovani deriva dalla carenza di «capitale spirituale», capitale «invisibile ma più reale dei capitali finanziari o tecnologici».
Il Papa parla ad Assisi, la città di San Francesco, e quindi non può non soffermarsi sulla «povertà». Infatti «senza la stima, la cura, l’amore per i poveri, per ogni persona povera, per ogni persona fragile e vulnerabile, dal concepito nel grembo materno alla persona malata e con disabilità, all’anziano in difficoltà, non c’è "Economia di Francesco"». Ai giovani ricorda poi che un’«economia di Francesco» non può limitarsi «a lavorare per o con i poveri», ma deve renderli «protagonisti» per aprire «cammini nuovi». Non solo. San Francesco «ha amato non solo i poveri, ha amato anche la povertà», vivendo in modo «austero». Da qui tre indicazioni di percorso. La prima: «guardare il mondo con gli occhi dei più poveri» come fece il movimento francescano che ha saputo inventare nel Medioevo le prime teorie economiche e persino le prime banche solidali, i "Monti di Pietà". La seconda: non dimenticarsi «del lavoro» e «dei lavoratori» con l’invito a creare «lavoro, buon lavoro, lavoro per tutti». La terza: «incarnazione», tradurre cioè «gli ideali, i desideri, i valori in opere concrete», rifuggendo «la tentazione gnostica» che «pensa di cambiare il mondo solo con una diversa conoscenza, senza la fatica della carne». Perché «la realtà è superiore all’idea».
Infine la preghiera e la firma del Patto di Assisi per «un’economia di pace e non di guerra», che «si prende cura del creato e non lo depreda». Un’economia che «non è utopia», perché «la stiamo già costruendo».
di Gianni Cardinale
Fonte: https://www.avvenire.it/economia/pagine/cambiate-l-economia-che-uccide-con-una-nuova-economia-della-vita