In Italia continuano ad aumentare i sussidi alle fonti fossili

La strada tracciata dall'Italia per combattere la crisi del clima è un percorso dove anziché riparare, si amplifica il danno. Nel 2021 l'Italia ha infatti speso 41,8 miliardi di euro in attività e progetti legati direttamente (13,4 miliardi) o indirettamente (28,4 miliardi) alle fonti fossili, quelle che come sappiamo contribuiscono maggiormente alle emissioni che intensificano l'emergenza climatica. Si tratta di ben 7,2 miliardi di euro in più (+21%) rispetto al 2020. L'allarme, sul pericoloso cammino che stiamo percorrendo, è lanciato da Legambiente attraverso il report "Stop ai sussidi ambientalmente dannosi" (qui il .pdf) presentato alla XV edizione del Forum Qualenergia. Il rischio secondo l'associazione ambientalista è che questi contributi potrebbero oggi crescere ancora a causa delle politiche energetiche attuali improntate su gas e rigassificatori.

 

"Il numero complessivo dei finanziamenti ai SAD (sussidi ambientalmente dannosi) è destinato ad aumentare anche nel 2022 per gli effetti del Capacity Market con oltre 1 miliardo di euro all'anno per 15 anni, a cui si aggiungono 30 milioni all'anno, dal 2024 al 2043 per un totale di 570 milioni, dedicati ai due rigassificatori di Piombino e Ravenna. Senza dimenticare le risorse spese per l'emergenza energetica pari a circa 38,9 miliardi euro" spiega Legambiente guardando al futuro. Al contrario però, rimarca l'associazione ambientalista, circa 14,8 miliardi impiegati nel fossile potrebbero già essere eliminabili entro tre anni se si investisse in risorse rinnovabili, reti, efficienza e una diversa mobilità. Attualmente la maggior parte dei SAD sono oggi legati al settore energetico, con circa 12,2 miliardi spesi e - più o meno con la stessa cifra - a trasporti ed edilizia. 

 

Se si osserva la tendenza, con i dati dal 2011 al 2021, si nota come l'Italia ha continuato a sovvenzionare sempre di più le fonti fossili: si passa da 9,1 miliardi di finanziamenti di circa dieci anni fa ai 41,8 miliardi del 2021, con una spesa totale di 213,9 miliardi di euro "destinati, direttamente o indirettamente, al settore Oil&Gas". Soldi che hanno "impedito lo sviluppo di almeno 13 GW/anno di fonti rinnovabili, in grado di produrre 19 TWh/anno di energia elettrica, ovvero circa il 6% del fabbisogno elettrico nazionale" spiegano dall'associazione ambientalista.

 

Se invece di investire nel fossile gli stessi finanziamenti fossero stati traghettati  nell'ultimo decennio su elettrificazioni e fonti rinnovabili il Paese avrebbe avuto "un risparmio di consumo di gas di 4 miliardi di metri cubi all'anno, arrivando a 44 miliardi di metri cubi complessivi dopo 11 anni, pari al 59,4% dei consumi nazionali di gas". Per invertire la rotta sarebbe necessario dunque eliminare gli investimenti "previsti per le trivellazioni e i fondi per la ricerca su gas, carbone e petrolio, così come le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, GPL e metano, il Capacity Market per le centrali a gas e l'accesso all'Eco-bonus per le caldaie a gas", risorse da sostituire con  "rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro" scrivono gli ambientalisti.

 

Sette proposte per la transizione ecologica

Con lo scopo di suggerire un'altra strada da percorrere, Legambiente ha dunque presentato sette proposte indirizzate al governo di Giorgia Meloni e in particolare al Ministro dell'Ambiente e Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Per prima cosa viene chiesto che "nella legge di bilancio, in discussione, venga prevista la rimodulazione e cancellazione dei sussidi ambientalmente dannosi entro il 2030". Poi è necessario "aggiornare annualmente il Catalogo dei Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) e Favorevoli (SAF)", rivedere la tassazione sui diversi combustibili fossili e cancellare tutte le esenzioni sulle accise esistenti secondo il principio "chi inquina paga" legando la fiscalità alle emissioni di gas serra. Al quarto punto viene indicato come "su 32 voci di sussidi eliminabili subito, pari a 14,8 miliardi di euro, occorre intervenire entro il 2025 eliminando le risorse". Altro passaggio chiave è uno sforzo per i Paesi meno abbienti: "L'Italia deve impegnarsi per il periodo 2023-2025 a mobilitare almeno 4,7 miliardi l'anno così da garantire la "sua giusta quota" dell'impegno collettivo di 100 miliardi dei Paesi industrializzati", il tutto attraverso "risorse che possono essere reperite attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili".

 

Infine, oltre a investire sulle rinnovabili, viene chiesto di  "rivedere il sistema degli oneri di sistema in bolletta, eliminando i sussidi diretti, spostando sussidi e voci improprie sulla fiscalità generale". Come spiega Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, per disegnare un futuro a basse emissioni serve quindi "discontinuità e coraggio. Per uscire dalla dipendenza dall'estero bisogna accelerare sulla diffusione delle comunità energetiche e realizzare tanti grandi impianti a fonti rinnovabili, da quelli eolici a mare a quelli a terra, passando per l'agrovoltaico, ma è indispensabile velocizzare gli iter autorizzativi. Si può decarbonizzare l'economia italiana rimodulando ed eliminando i sussidi alle fonti fossili e la legge di bilancio può essere già la prima occasione per farlo. Il governo non perda questa importante occasione in nome dell'indipendenza dall'estero".

 

di Giacomo Talignani

 

Fonte: https://www.repubblica.it/green-and-blue/2022/11/29/news/crisi_clima_energia_sussidi_fonti_fossili_legambiente-376700551/