L’Italia è un Paese che, nel suo complesso, risulta competitivo sulle tecnologie green. Questo è quanto emerge da una ricerca del Centro ricerche “Enrico Fermi” - Cref, presentata al Cnel dai ricercatori Angelica Sbardella e Aurelio Patelli, nell’ambito di un evento organizzato dal Cref insieme all’Istituto di economia della Scuola superiore “Sant’Anna” di Pisa e al Forum disuguaglianze e diversità. La ricerca nasce dall’attenzione che il centro studi ha dedicato negli ultimi anni alle green technologies (come definite dalla “Cooperative patent classification”), cresciute dai primi anni Duemila a livello globale soprattutto nei settori dell’energia e dei trasporti. Dati Ocse del 2015 stimano che, tra il 1990 e il 2010, le energie rinnovabili sono cresciute del 400%, i veicoli elettrici o ibridi del 350%, l’efficienza energetica negli edifici del 140%.
Le green technologies, oltre a rappresentare un importante strumento per il contenimento e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono anche un’importante opportunità per il rilancio di interi comparti economici. Sono state studiate dal Cref attraverso l’Economic fitness and complexity - Efc che osserva le capacità produttive e tecnologiche che possono supportare Paesi e regioni nella transizione sostenibile. Studiando i profili di specializzazione e i vantaggi comparati nell’attività brevettuale, è stato possibile sviluppare la green technological fitness, una misura della competitività verde e delle capabilities dei sistemi di innovazione nazionali e regionali.
La ricerca del Cref si concentra geograficamente sull’Europa 28+ (Unione europea con Regno Unito, Macedonia, Montenegro, Norvegia, Svizzera e Turchia) e sul periodo 2000-2016, che è particolarmente significativo per la produzione di brevetti verdi in Europa. Infatti, circa il 30% delle innovazioni verdi mondiali sono state sviluppate in Europa (European patent office) in quegli anni, mentre nel 2000 l’attività brevettuale nel settore delle innovazioni tecnologiche legate alla mitigazione e all’adattamento al cambiamento climatico era quasi inesistente nella maggior parte dei Paesi e i dati dopo il 2016 non sono di qualità sufficiente per essere utilizzati.
Dal punto di vista della quantità dei brevetti green presentati, l’Italia nel 2016 è risultata quarta a pari merito con la Spagna con il 4% (nel 2000 era al 3%). Guida la classifica la Germania con il 46% (scesa dal 56%), al secondo posto la Francia con il 17% (che raddoppia dall’8% del 2000) e al terzo posto il Regno Unito con il 9% (dall’8% del 2000). Per quanto riguarda invece la Green technological fitness, nell’ambito dell’Europa 28+, nel 2016 si è osservata una graduale crescita di competitività dei paesi dell’Europa del Sud e dell’Est. In particolare, l’Italia è quinta dopo Germania, Inghilterra, Francia e Austria.
Emerge dalla ricerca che la relazione tra disuguaglianze di reddito e la Green technological fitness dei vari Paesi è negativa e significativa perché l’alta disuguaglianza è associata a costi più alti e all’incertezza nello sviluppo di nuove tecnologie e capabilities verdi.
Secondo Andrea Roventini, economista e professore all’Istituto di economia della Scuola superiore “Sant’Anna”, la transizione ecologica oltre a offrire opportunità di crescita alle imprese può creare nuovi posti lavoro con migliori retribuzioni nel settore elettrico e nell’industria manifatturiera legata alle rinnovabili. «La ricerca del Cref mostra che la trasformazione verde è già un processo in atto, in Italia e in Europa, e non è in conflitto con lo sviluppo: giustizia sociale e ambientale possono marciare insieme», è il commento di Fabrizio Barca, co-coordinatore del Forum disuguaglianze e diversità. «La ricerca ci conferma che nelle società con minori disuguaglianze economiche la fitness tecnologica verde è maggiore, e che la trasformazione ambientale può produrre buoni lavori e sviluppo. Ma sappiamo che nulla è scritto. La fitness non è una profezia, è una potenzialità che va realizzata. È qui che giocano un ruolo fondamentale le politiche».
La capacità tecnologica verde italiana, nel 2016, si è concentrata su invenzioni relative alle tecnologie in quattro macrosettori chiave: riduzione dei gas serra nel comparto energetico (31%), mitigazione del cambiamento climatico nei trasporti (19%), nell’edilizia (15%) e nella produzione di beni (15%).
Guardando dentro ai macro settori chiave si scopre che, per quanto riguarda l’ambito energetico, l’Italia tocca il picco del numero di brevetti depositati rispetto alla generazione di energia da fonti rinnovabili (18.8%) e nella classe delle tecnologie con potenziale per la mitigazione delle emissioni di gas serra (7%), come nelle batterie e nei sistemi di stoccaggio dell’idrogeno e dell’energia termica, e mostra vantaggi comparati in entrambe. Per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico nei trasporti, una delle classi più rappresentate è quella relativa ai trasporti su gomma (16.4%), tra cui figurano tecnologie per batterie, veicoli elettrici e ibridi, per migliorare l’efficienza nei veicoli con motore a scoppio e per l’uso di carburanti alternativi.
Di contro, l’Italia non mostra un vantaggio comparato nelle tecnologie relative alla riduzione di emissioni nella generazione di energia nucleare che rappresentano circa l’1% dei brevetti verdi totali. Infine, nello stesso anno, quote importanti di brevetti verdi hanno interessato le tecnologie per la mitigazione del cambiamento climatico relative al macrosettore della gestione dei rifiuti (7%), con un 5% nella gestione dei rifiuti solidi tra cui figurano applicazioni per il riuso, riciclo e recupero di materiali: dalla carta alle batterie esauste e gli scarti edili. Nelle tecnologie per l’adattamento al cambiamento climatico, si evidenzia in particolare un 5% in quelle per la protezione della salute, per esempio con l’applicazione di tecnologie volte alla preservazione della qualità dell’aria.
Tra le regioni, al primo posto per numero di brevetti green c’è la Lombardia (che era prima anche nel 2000), seguita da Piemonte (stessa posizione nel 2000), Emilia-Romagna, Veneto e Toscana. Scende il Lazio da quinto a settimo. La prima regione del Sud è la Campania, seguita dalla Puglia. Peggiora la Sicilia (era la nona regione nel 2000, adesso è al 14° posto) e chiude la classifica il Molise.
Per quanto riguarda la competitività tecnologica verde, in parte a causa dell’entrata di diverse regioni del Sud e dell’Est europeo che erano assenti nelle rilevazioni dei primi anni Duemila e in accordo con trend economici più generali, in quindici anni si osservano diversi movimenti nella distribuzione di fitness europea. In Italia si registra un balzo in avanti. Le regioni nel primo quartile passano da quattro nel 2000 a sette nel 2016 (Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Valle D’Aosta, Toscana, Lazio e SüdTirol). Lombardia e Lazio sono trainanti e rappresentano le uniche due regioni a posizionarsi in entrambi gli anni nel miglior quarto tra le regioni europee in termini di Green technological fitness, ma anche Emilia-Romagna, Toscana e Liguria si posizionano tra le regioni europee con maggiori capacità tecnologiche verdi. Vi sono però regioni che perdono in competitività verde, in particolare Piemonte e Marche, che scendono in una posizione intermedia insieme a Umbria, Friuli-Venezia Giulia e Campania. La regione che fa meglio al Sud è la Sicilia. Chiudono la classifica Calabria (ancora nel terzo quartile), Basilicata e Molise (entrambe nell’ultimo quartile). Infine, si menziona la Green technological fitness nelle energie rinnovabili: misura la capacità di innovare per l’obiettivo di una riduzione dei gas serra nel comparto energetico, e mostra che Liguria e Toscana hanno i risultati migliori. Subito dopo, staccate, Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Campania e Puglia.
La ricerca del Cref mostra che la capacitazione tecnologica è sempre il risultato di un lungo e graduale processo, e quella verde è influenzata da quella non verde. Le regioni ancora indietro nella transizione ecologica potrebbero puntare a sviluppare combinazioni di know-how che hanno maggiori probabilità di favorire lo sviluppo in ambito verde, come nell’archiviazione digitale, nell’ingegneria meccanica, in particolare legata agli impianti di illuminazione, e nella chimica, in particolare nei cementi e nelle ceramiche e nel trattamento delle acque reflue. Assumono dunque grande rilievo le politiche, come strumento per realizzare e sviluppare le capacità potenziali. Le politiche industriali verdi sono fondamentali per la crescita sostenibile: un esempio su tutti è l’elettrificazione su larga scala, con investimenti massicci in energie rinnovabili che possano coprire il 90% del fabbisogno elettrico nazionale nel 2050.
Fonte: https://www.vita.it/it/article/2023/01/26/tecnologie-green-litalia-tra-i-primi-cinque-paesi-in-europa/165539/