Si è aperta oggi nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, a pochi chilometri dall’epicentro dell’alluvione del 2 novembre che ha devastato la Toscana centrale, la prima giornata della conferenza Mare climaticum nostrum; un’occasione preziosa per fare il punto sui rischi legati all’avanzare della crisi climatica in corso, alimentata dall’impiego dei combustibili fossili.
Organizzata dalla Fondazione Earth and water agenda (Ewa) – insieme ad Aics, Protezione civile e Cmcc – nell’ambito dell’Earth technology expo, l’evento gratuito che animerà la Fortezza da Basso dal 15 al 18 novembre, la conferenza ha messo in chiaro che «il cambiamento climatico non è più una minaccia ma sono ormai morti e danni quasi da collasso finanziario e vanno attivate azioni che possono salvare vite umane e mitigare i crescenti rischi».
Come spiega il presidente di Ewa, Erasmo D’Angelis, è necessaria «un’azione urgente a tutela di almeno 12 milioni di italiani esposti a grave insicurezza da frane e alluvioni. Se dal 1946 al 2018 per riparare i danni sono stati spesi dallo Stato in media 4,5 mld di euro all’anno, la progressione è oggi impressionante con il quasi raddoppio della spesa intorno a 8 mld di euro, con l’escalation nei soli ultimi 14 mesi che ha visto la sequenza di 4 grandi alluvioni».
Nelle Marche il 15 settembre 2022, a Ischia 26 novembre 2022, in Romagna dal 1 al 17 maggio 2023, e infine dal 2 novembre 2023 nella Toscana centrale: insieme queste alluvioni «hanno provocato complessivamente 45 vittime, centinaia di feriti, decine di migliaia di sfollati, e danni complessivi per oltre 15 mld di euro». Ma è solo la parte emersa dell’iceberg.
Come evidenzia nel suo intervento Fabrizio Curcio, il capo dipartimento della Protezione civile, «dall’ottobre del 2022 a oggi sono state attivate 24 dichiarazioni d’emergenza nazionale legate a rischi idraulici, meteorologici e idrogeologici. Un dato che arriva a 148 partendo dal 2014. Ma i cambiamenti climatici non si manifestano solo con eccesso d’acqua ma anche attraverso la sua carenza: nel maggio di quest’anno, prima della grande alluvione in Romagna, eravamo ancora a gestire la crisi idrica risalente all’anno precedente. I cambiamenti climatici stanno mettendo sotto stress anche la Protezione civile, dobbiamo prenderne atto: deve adeguarsi per poter dare risposte efficaci».
Un problema che non riguarda certo la sola Italia. La conferenza odierna ha messo in evidenza proprio la necessità che Paesi dal profilo di rischio simile, come nel caso degli Stati che si affacciano sul Mediterraneo, devono saper affrontare insieme la crisi climatica; si pensi ad esempio alle conseguenze delle inondazioni in Libia dello scorso settembre, con almeno 250mila persone colpite.
Il clima rappresenta «il complesso delle abitudini dell’atmosfera», come spiega il presidente del Cmcc Antonio Navarra, e queste abitudini stanno cambiando portando a eventi meteo estremi più probabili e più intensi. Il Mediterraneo è particolarmente a rischio sotto questo profilo perché «in media si scalda il 20% più veloce rispetto al resto del mondo», alimentando così sia la siccità sia le alluvioni.
Con conseguenze assai inique sotto il profilo socioeconomico, dato che in Italia «i cambiamenti climatici concentrano gli impatti economici negativi nelle aree relativamente più povere e dunque aumentano le disuguaglianze – afferma Navarra – Gli indici di uguaglianza peggiorano del 16% al 2050 e del 51% al 2080».
Che fare? In primo luogo dobbiamo evitare di aggravare ulteriormente il problema, rispettando i target europei per la riduzione nelle emissioni di gas serra. La dg dell’Ispra, Maria Siclari, conferma che l’Italia è «particolarmente indietro per quanto riguarda la riduzione delle emissioni nel comparto civile (riscaldamento e raffrescamento degli edifici, ndr) e in quello dei trasporti», che dovrebbero dunque essere aree d’intervento prioritarie da parte dei decisori politici.
L’altro pilastro e quello degli investimenti sulla resilienza dei territori, passati in rassegna dal dg dell’Anbi Massimo Gargano, spaziando dalla realizzazione di tanti laghetti non impermeabilizzati – per accrescere la disponibilità d’acqua durante la siccità, raccoglierla durante le precipitazioni e contribuire a ricaricare le falde – ma anche di invasi come quello di Bilancino; durante l’alluvione del 2 novembre proprio questa infrastruttura, un tempo assai criticata, ha invasato 18 mln di mc in tre ore, salvaguardando Firenze dalle ricadute peggiore dell’evento meteo estremo.
di Luca Aterini
Fonte https://greenreport.it/news/economia-ecologica/litalia-nella-morsa-della-crisi-climatica-nellultimo-anno-24-stati-demergenza-nazionali/