L’economia circolare si fa poco e male in Italia, secondo il rapporto “Circular Economy” di Energy&Strategy (E&S) della School of Management del Politecnico di Milano, che ha condotto un’analisi su 7 macro-settori economici del Paese (automotive, building&construction, elettronica di consumo, food&beverage, impiantistica industriale, arredamento-mobili e tessile), registrando un arretramento nell’adozione di pratiche circolari.
I dati, relativi all’ultimo anno, rivelano che i risparmi ottenuti grazie alla circular economy sono stati di un miliardo e 200 milioni, per il 57% registrati nelle costruzioni, che fanno salire il totale a 15,6 miliardi, ovvero appena il 15% dell’obiettivo di 103 fissato al 2030.
Quanto ai settori, emergono disomogeneità in termini di adozione delle pratiche e di livello della transizione: building & construction e impiantistica industriale sono, ad esempio, quelli che registrano più progetti (rispettivamente il 61% e il 48% di imprese hanno adottato almeno una pratica manageriale), mentre l’automotive è fanalino di coda con meno di un’impresa su quattro che si è attivata, nonostante il significativo potenziale. Ma il dato più preoccupante è che nelle piccole imprese crescono coloro che non intendono farli, saliti in un anno dal 38% al 47%.
Quanto alle imprese, quasi il 60% delle grandi aziende ha adottato almeno una pratica (e si sale all’87% includendo chi lo farà), ma si scende al 29% nelle piccole, dove al contrario crescono del 9% gli “scettici” che non ne vogliono sapere, passati dal 38% del 2022 al 47% del 2023. Tuttavia, segnala il rapporto, la transizione verso l’economia circolare per il 70% delle imprese è ancora ai primi passi (appena il 2% afferma di averla completata), con un livello medio di 2,06 in una scala da un minimo di 1 a un massimo di 5.
Secondo il report, il problema è a monte e riguarda la strategia nazionale sull’economia circolare che, sebbene definita nei contenuti, arranca nella realizzazione con un generale ritardo sul cronoprogramma del 2023 che va a sommarsi a quelli del 2022, anche a causa delle difficoltà nello sbloccare le procedure autorizzative necessarie per connettere settori diversi e avviare al riuso le materie prime seconde.
“L’economia circolare è uno dei due pilastri fondamentali della transizione ecologica - commenta Davide Chiaroni, responsabile scientifico del report e co-fondatore di Energy&Strategy - senza soluzioni strutturali che ci consentano di soddisfare la domanda in crescita di beni e servizi con una riduzione del fabbisogno di materie prime, soprattutto quelle critiche, non potremo mantenere la sostenibilità del sistema economico. Eppure, rispetto alla decarbonizzazione, al 2030 la circular economy porterebbe a una riduzione delle emissioni pari a circa 6,2 MtCO2eq, mentre al ritmo attuale non si andrebbe oltre i 2,2 MtCO2eq)”.
Numeri, secondo Chiaroni, che confermano “la poca attenzione nei confronti dell’economia circolare in Italia, dove viene spesso identificata solo con il riciclo dei rifiuti e dove le difficoltà economiche hanno portato ad accantonarla, soprattutto nel caso delle imprese più piccole. È necessario invertire subito questa tendenza, anche tramite maggiori investimenti pubblici e un quadro normativo stabile e incentivante”.
Non mancano però segnali positivi: l’Italia è seconda in Europa per numero totale di brevetti relativi all’economia circolare e sono 210 le startup circolari che hanno raccolto 122,7 milioni di euro di finanziamenti, circa un quinto di quelli ottenuti da realtà climate-tech ma ancora un’inezia se si considerano i 2,4 miliardi andati nel solo 2022 al totale delle startup italiane.
di Vito De Ceglia
Fonte https://www.repubblica.it/economia/rapporti/energitalia/sostenibilita/2023/12/01/news/economia_circolare_italia_penultima_in_europa_per_investimenti_privati-421553728/