Non siamo pronti. Nonostante l’Europa vanti probabilmente una delle più impegnate strategie politiche al mondo per ridurre le emissioni e affrontare la crisi del clima, non è preparata per i rischi climatici attuali che risultano essere in rapida crescita.
Dai virus veicolati dalle zanzare che si adattano meglio alle nuove temperature sino agli incendi, dai fenomeni meteo intensi ed estremi come quelli sperimentati di recente anche in Italia, il Vecchio Continente non è ancora abbastanza preparato a reggere gli impatti attuali e futuri legati alle conseguenze della crisi climatica. A dirlo è la stessa Agenzia europea dell’ambiente (Eea) nel suo rapporto di valutazione dei rischi.
«La nostra nuova analisi mostra che l’Europa si trova ad affrontare rischi climatici urgenti che stanno crescendo più velocemente della nostra preparazione sociale», ha spiegato senza mezzi termini Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’Eea.
In particolare, sottolinea il report, servono ulteriori azioni per affrontare almeno la metà dei 36 rischi climatici più significativi e con conseguenze potenzialmente gravi.
Nel dettaglio cinque grandi aree di rischio sono valutate come i più urgenti, quelle per cui servirebbe una preparazione immediata.
Fra questi, che peggiorano con l’aumentare delle emissioni (e l’uso dei combustibili fossili), vengono individuati lo stress termico, le inondazioni e gli impatti fluviali, la salute degli ecosistemi costieri e marini e la necessità di fondi di solidarietà per potersi rapidamente riprendere dai disastri.
In particolare, tra le aree più esposte a questi rischi, ci sono gli stati dell’Europa meridionale (Italia compresa), considerati un vero e proprio “hotspot” della crisi climatica e dove servono ulteriori sforzi per esempio per proteggere persone, edifici e natura dagli incendi.
“L’innalzamento del livello dei mari e i cambiamenti dei modelli evolutivi delle perturbazioni possono causare effetti devastanti sulle popolazioni, sulle infrastrutture e sulle attività economiche”, spiegano i ricercatori Eea ricordando che le attuali politiche di adattamento non sono sufficienti.
Serve più preparazione, a esempio, nell’affrontare “il caldo e la siccità che sono all’origine di rischi concreti per la produzione, la distribuzione e la domanda di energia” e “anche gli edifici a uso residenziale devono essere adattati all’aumento delle temperature”.
Proprio la siccità - che sta colpendo dalla Spagna sino alla Sicilia - secondo l’Eea è “una minaccia significativa per la produzione agricola, la sicurezza alimentare e l’approvvigionamento in acqua potabile”.
All’interno del report si leggono poi anche eventuali soluzioni, come per esempio quelle relative all’agricoltura, in cui si ricorda come “una delle soluzioni potrebbe risiedere in un passaggio, anche parziale, dalle proteine di origine animale a quelle di origine vegetale ottenute da piante coltivate in modo sostenibile, che permetterebbe di ridurre il consumo di acqua in agricoltura e la dipendenza da mangimi importati”.
Soluzioni necessarie a prevenire un clima, dopo questo ennesimo febbraio da record, che in futuro potrebbe impattare sull’Europa meridionale a tal punto da danneggiare gravemente i raccolti e riducendo le riserve idriche, indurire i suoli e rendere i terreni contemporaneamente meno capaci di assorbire le piogge estreme e più vulnerabili agli incendi.
«Ormai i rischi stanno semplicemente superando gli sviluppi delle politiche», ha detto Blaž Kurnik, capo del gruppo “Impatti e adattamento” dell’Eea, mentre la direttrice Ylä-Mononen ricorda come ormai i livelli critici raggiunti dovrebbero essere «l’ultimo campanello d’allarme».
Infine, ma non da meno a livello di rischi, il rapporto ci mette in guardia anche da altro: i rischi per la salute umana legati all’aumento delle temperature e la possibilità che si diffondano sempre di più dengue, malaria e malattia del Nilo occidentale.
Malattie meno note in Europa ma che potrebbero presto diventare comuni dato che le elevate temperature favoriscono, a esempio, la proliferazione di zanzare. Per esempio “la durata potenziale della stagione di trasmissione della dengue potrebbe aumentare di circa 1-2 mesi entro il 2080 nell’Europa sud-orientale”, così come in futuro si parla di un possibile aumento della diffusione di Chikungunya soprattutto in Italia e Francia.
di Giacomo Talignani
Fonte https://www.lasvolta.it/12022/dalle-inondazioni-alla-siccita-leuropa-non-e-pronta-per-gli-impatti-del-nuovo-clima