Fame in crescita con clima e guerre: ne soffre 1 persona su 11

Una persona su 11 nel mondo, una persona su 5 in Africa. È la quota, drammatica, di quanti soffrono di insicurezza alimentare nel mondo, un’emergenza che eventi climatici estremi e guerre hanno fatto crescere di oltre il 26 per cento in appena quattro anni. I progressi mondiali nella lotta alla fame, stanno rallentando in modo preoccupante, allontanando sempre più l'obiettivo Fame Zero entro il 2030: se si manterrà questo ritmo, il mondo raggiungerà un livello di fame basso solo nel 2160, tra più di 130 anni. A ricordarci una volta di più quanto grande sia la sfida che, collettivamente, stiamo perdendo è l’Indice globale della Fame 2024 (Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l'edizione italiana e redatto annualmente da Welthungerhilfe e Concern Wordlwide.

 

Nel 2023 sono state 733 milioni (oltre 152 milioni in più rispetto al 2019) le persone che hanno sofferto la fame, con l’Africa sub-sahariana al centro di questo dramma. Sono, invece, quasi 3 miliardi nel mondo coloro che non hanno potuto permettersi una dieta sana a causa dell'aumento dei prezzi alimentari e della crisi del costo della vita. "L'insicurezza alimentare acuta e il rischio di carestia sono in aumento e l'uso della fame come arma di guerra sta dilagando - spiega Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi - e alla base di questi dati allarmanti c'è uno stato di crisi permanente causato da conflitti diffusi, dal crescente impatto dei cambiamenti climatici, da problemi di ordine economico, dalle crisi del debito e dalle disuguaglianze. Intervenire è ancora possibile, anche se diventa sempre più urgente farlo in maniera rapida e strutturata. Alcuni Paesi hanno, infatti, dimostrato che il progresso è un obiettivo realizzabile: in Somalia, Bangladesh, Mozambico, Nepal e Togo, per esempio, si sono registrate notevoli riduzioni dei punteggi di Ghi sulla malnutrizione, anche se la fame resta comunque un problema serio".

 

 

L'Indice Globale della Fame (Ghi) misura la fame a livello globale, regionale e nazionale basandosi su quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Quest'anno il punteggio Ghi del mondo è di 18.3, ovvero fame a livello moderato. In sei Paesi (Somalia, Burundi, Ciad, Madagascar, Sud Sudan e Yemen) è stato riscontrato un livello di fame ancora allarmante e in ulteriori 36 un livello di fame grave. "I progressi compiuti nella lotta contro la fame tra il 2000 e il 2016 dimostrano che un miglioramento sostanziale è possibile, anche in tempi ragionevoli - sottolinea Piziali - ma purtroppo dal 2016, quando il punteggio Ghi globale era 18.8, per il mondo nel suo complesso e per molti Paesi, i progressi si sono arenati e in alcuni Paesi si sono registrate addirittura delle inversioni di tendenza".

 

In ben due terzi dei 130 Paesi esaminati nell'edizione 2024 del Ghi, la denutrizione non ha registrato miglioramenti o è addirittura aumentata. In particolare, in 22 Paesi con punteggi di Ghi 2024 moderati, gravi o allarmanti, è stato rilevato un peggioramento rispetto al 2016 e in 5 Paesi (Venezuela, Siria, Libia, Giordania e Figi) addirittura anche rispetto al 2000. In base alle attuali proiezioni del Ghi, al ritmo attuale, sono almeno 64 i Paesi che non raggiungeranno livelli di fame bassi, tanto meno l'obiettivo Fame Zero, entro il 2030. Si stima infatti che, con il ritmo attuale, nel 2030, 582 milioni di persone saranno ancora cronicamente denutrite, la metà delle quali in Africa; un numero paragonabile alla popolazione denutrita nel 2015, anno in cui il mondo si è impegnato a eliminare la fame entro il 2030.

 

Dal Ghi emerge, inoltre, che l'insicurezza alimentare acuta si sta rapidamente aggravando, con condizioni di carestia in crescita, in diversi Stati e territori, tra cui Gaza, Sudan, Haiti, Burkina Faso, Mali e Sud Sudan e che solo in un numero ridotto di Paesi (Bangladesh, Mongolia, Mozambico, Nepal, Somalia e Togo) sono stati registrati miglioramenti significativi, sebbene continuino ad essere presenti livelli di fame troppo elevati. In America Latina e Caraibi il rallentamento della crescita è aumentato anche tra il 2016 e il 2023, con situazioni critiche nei territori di Haiti, Brasile e Argentina. Haiti, in particolare, è tra i Paesi con i maggiori aumenti nei punteggi Ghi tra il 2016 e il 2023, principalmente a causa dell'aumento della malnutrizione: i livelli di fame stanno aumentando drasticamente, mentre il Paese affronta una serie di shock concomitanti, tra cui piogge irregolari, inflazione e turbolenze politiche che hanno generato violenze delle bande e sfollamenti interni.

 

Oltre a valutare le tendenze e ad analizzare i livelli della fame, il report Ghi di quest'anno approfondisce l'importanza di affrontare la disuguaglianza di genere per raggiungere la resilienza climatica e l'obiettivo Fame Zero. "La disuguaglianza di genere è una delle minacce più pervasive allo sviluppo sostenibile e alla realizzazione del diritto al cibo - spiega Piziali - le donne sono infatti protagoniste di un vero e proprio paradosso: sono oltre il 60% delle persone che soffrono la fame pur essendo un pilastro della sicurezza alimentare delle loro famiglie. Oltre il 43% della forza lavoro agricola nei Paesi in via di sviluppo è infatti femminile, anche se le donne possiedono una minima percentuale delle terre agricole e hanno accesso limitato a risorse come sementi, fertilizzanti e credito".

 

L'insicurezza alimentare delle donne si ripercuote sui bambini. La malnutrizione infantile è infatti strettamente correlata a quella materna, perpetuando un ciclo intergenerazionale di fame e povertà che colpisce i bambini già nei primi giorni di vita o ancor prima della nascita: oltre 94 milioni di donne e ragazze soffrono di malnutrizione acuta in gravidanza e durante l'allattamento. La situazione peggiora ulteriormente con la crescita: sono oltre 36 milioni i bambini sotto i 5 anni malnutriti e tra questi oltre 9 milioni soffrono di malnutrizione grave e hanno quindi bisogno di cure urgenti. A peggiorare la situazione alimentare mondiale – evidenzia lo studio - anche le guerre e i conflitti armati, come dimostra il caso emblematico della Striscia di Gaza, che in meno di un anno ha visto il 96% della popolazione (2,15 milioni di persone) precipitare nell'insicurezza alimentare catastrofica o acuta.

 

Nell'ultimo anno i conflitti armati hanno peggiorato i livelli di fame in ben 20 Paesi, trascinando quasi 135 milioni di persone nell'insicurezza alimentare acuta a causa della combinazione di scontri prolungati, blocchi economici e distruzione di terreni agricoli. Il Ghi denuncia, inoltre, che la fame nel mondo si sta rapidamente aggravando anche a causa delle crisi climatiche sempre più frequenti ed estreme. Se non ci saranno cambiamenti di rotta, i raccolti di grano, riso e mais potrebbero ulteriormente diminuire, colpendo in particolare le comunità rurali, le famiglie a basso reddito e i gruppi già marginalizzati che sono fra i più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici. Tra le regioni più colpite l'Africa Sub-Sahariana, il Sud-Est Asiatico e l'America Latina.

 

di Paolo M. Alfieri

 

Fonte https://www.avvenire.it/economia/pagine/fame-in-crescita-con-clima-e-guerre-ne-soffre-1-persona-su-11